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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), XI, 22
 
originale
 
22. Dixerat sacerdos, nec inpatientia corrumpebatur obsequium meum, sed intentus miti quiete et probabili taciturnitate sedulum quot dies obibam culturae sacrorum ministerium. Nec me fefellit vel longi temporis prolatione cruciavit deae potentis benignitas salutaris, sed noctis obscurae non obscuris imperiis evidenter monuit advenisse diem mihi semper optabilem, quo me maximi voti compotiret, quantoque sumptu deberem procurare supplicamentis, ipsumque Mithram illum suum sacerdotem praecipuum divino quodam stellarum consortio, ut aiebat, mihi coniunctum sacrorum ministrum decernit. Quis et ceteris benivolis praeceptis summatis deae recreatus animi necdum satis luce lucida, discussa quiete, protinus ad receptaculum sacerdotis contendo atque eum cubiculo suo commodum prodeuntem prodeuntem continatus saluto. Solito constantius destinaveram iam velut debitum sacris obsequium flagitare. At ille statim ut me conspexit, prior: "O" inquit "Luci, te felicem, te beatum, quem propitia voluntate numen augustum tantopere dignatur"; et "Quid" inquit "iam nunc stas otiosus teque ipsum demoraris? Adest tibi dies votis adsiduis exoptatus, quo deae multinominis divinis imperiis per istas meas manus piissimis sacrorum arcanis insinueris." Et iniecta dextera senex comissimus ducit me protinus ad ipsas fores aedis amplissimae rituque sollemni apertionis celebrato ministerio ac matutino peracto sacrificio de opertis adyti profert quosdam libros litteris ignorabilibus praenotatos, partim figuris cuiusce modi animalium concepti sermonis compendiosa verba suggerentes, partim nodosis et in modum rotae tortuosis capreolatimque condensis apicibus a curiositate profanorum lectione munita. Indidem mihi praedicat, quae forent ad usum teletae necessario praeparanda.
 
traduzione
 
Questo mi diceva il sacerdote ed io non venni meno al mio dovere mostrandomi impaziente, anzi mi sforzavo di essere calmo e sereno e mantenevo una lodevole discrezione, mentre ogni giorno attendevo con zelo alle pratiche del sacro rito. E la benevolenza della potente dea non mi deluse n? volle troppo provarmi con una lunga attesa. In una notte oscura, ma per segni assai chiari ella mi avvert? che finalmente era venuto il giorno da me sempre agognato, in cui avrebbe soddisfatto i miei voti mi precis? anche la spesa che avrei dovuto affrontare per la cerimonia e stabil? che a officiare il rito fosse lo stesso Mitra, il suo sommo sacerdote, che, cos? mi disse, era a me unito da una qual certa congiunzione astrale. Con l'animo pieno di gioia per questi ed altri benevoli avvertimenti dell'altissima dea, senza aspettare che facesse giorno del tutto, balzai dal letto e corsi alla cella del sacerdote. Lo incontrai che stava appena uscendo dalla sua camera e gli diedi il saluto deciso di chiedergli con maggiore insistenza del solito la mia consacrazione come cosa dovutami ormai. Ma quando mi vide: ?Beato te, Lucio,? esclam? prevenendomi, ?fortunato te. L'augusta dea, nella sua benevola volont? si ? degnata di favorirti. Ma che fai, ora?? soggiunse, ?perch? te ne stai l? fermo? Ora sei tu che indugi? ? venuto il giorno che con tutti i tuoi voti hai tanto desiderato, il giorno in cui per il divino volere della dea dai molti nomi tu sarai iniziato da queste mie stesse mani ai suoi sacrosanti misteri.? E affettuosamente postami la mano sulla spalla, il vecchio mi condusse subito all'entrata del grande tempio dove, celebrato solennemente il rito dell'apertura e le solenni funzioni del mattino, trasse da una celletta certi libri scritti in caratteri misteriosi: figure d'animali d'ogni specie, alcuni, parole abbreviate che racchiudevano un discorso complesso; altri tutti svolazzi e circoletti come ruote o a riccioli e nodi come viticci perch? i profani nella loro curiosit? non potessero decifrarli. Ma proprio di l? egli mi lesse le istruzioni necessarie per la mia iniziazione.
 

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